20 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Continua la polemica sul Decreto Gelmini

Bresso: «Il Governo chiude 816 scuole del Piemonte»

E’ questa una delle sorprese contenute nel decreto legge 154 emanato dal Governo Berlusconi il 7 ottobre scorso. A denunciarlo è la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso

«Il Governo ha deciso di tagliare 816 scuole in Piemonte». E’ questa una delle sorprese contenute nel decreto legge 154 emanato dal Governo Berlusconi il 7 ottobre scorso. A denunciarlo è la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso: «Raramente si è visto in Italia un esecutivo più centralista di questo che, a parole e nell’impegno di alcuni esponenti, dovrebbe essere invece federalista. Ma a ogni teorico passo avanti ne corrispondono tre indietro. E’ giusto che la gente sappia: i soldi delle tasse dei cittadini, quelli destinati alle Regioni, ma anche quelli delle altre autonomie locali, vengono gestiti dal Governo come se fossero di sua proprietà, senza alcun confronto, contraddicendo gli accordi già presi. E questo si aggiunge al fatto che ogni Regione vanta crediti miliardari nei confronti dello Stato, ovvero aspetta anni per ricevere quanto le è dovuto (circa 3 miliardi solo nel caso del Piemonte, ndr) ed è costretta ad accendere mutui per anticipare queste somme e fornire i servizi, con la beffa di dover pagare anche gli interessi».

Bresso entra nel dettaglio: «Prendiamo la scuola. Già è vergognoso che un Governo distrugga finanziariamente una funzione essenziale che - come già stabilito da tempo - passerà alle Regioni fra un anno, senza confrontarsi con gli amministratori che si ritroveranno a gestirla con fondi molto inferiori a quelli avuti a disposizione da loro. Ma c’è di meglio. Il Governo decide anche – con il decreto 154 del 7 ottobre – che le Regioni dovranno provvedere a ulteriori tagli per 456 milioni di euro. Insomma: ‘Noi non ci siamo riusciti, voi dovete farcela’. E come? Cancellando le sedi scolastiche con meno di 50 allievi. Una scelta obbligatoria indicata dal decreto ma che formalmente dovrebbero fare le Regioni. Forse al Governo non se ne sono accorti, ma l’Italia è morfologicamente complessa e zeppa di comuni piccoli. Solo in Piemonte, dove il 52% del territorio è montano, le scuole materne, elementari e medie con meno di 50 alunni sono 816, tutte concentrate in zone periferiche e montane, con grandi difficoltà di accessibilità e trasporti, soprattutto nella stagione invernale. Questo è un provvedimento insensato che prevede addirittura il commissariamento per le Regioni che non riusciranno a provvedere a predisporre un piano in questa direzione entro il 15 dicembre. Tenete conto, oltretutto, del fatto che tutto ciò non è stato concertato e neppure annunciato… E, infine, indovinate chi deve pagare gli oneri derivanti dall’attivazione di trasporti e l’adeguamento delle strutture edilizie? Ovviamente le Regioni e gli altri enti locali, con risorse loro».

Spiega l’assessore piemontese all’istruzione, Gianna Pentenero: «Nelle 816 scuole che secondo il Governo dovrebbero chiudere in Piemonte vi sono: 266 scuole materne ed elementari, 512 sedi scolastiche di materne, elementari e medie accorpati all’interno di istituti comprensivi, 5 scuole medie e 33 scuole superiori. E c’è un’ingiustizia nell’ingiustizia. La nostra Regione, a differenza di altre, ha già da tempo eliminato, grazie a notevoli interventi di edilizia scolastica e all’attenzione degli enti locali, le vere anomalie, ovvero le piccole sedi in comuni grandi e medi. Il rischio in cui paradossalmente oggi la Regione Piemonte incorre è quello di essere ulteriormente penalizzata, a discapito di altri territori in cui non è stato completato o mai avviato questo processo di riorganizzazione delle autonomie scolastiche.

L’obiettivo di riqualificazione della spesa della scuola pubblica, che poteva essere avviato in primis dall’istruzione secondaria dove è possibile realizzare in maniera «indolore» i tanto auspicati risparmi, si è scontrato con la necessità del Governo di generare da subito economie, orientando la scelta sul dimensionamento quale fonte di maggiori risorse».

Ma le conseguenze del ddl 154 sono gravissime anche negli altri settori. Prosegue la presidente Bresso: «Nel testo, ci sono provvedimenti che riguardano la sanità che derogano dagli accordi sanciti tra Stato e Regioni, il tutto - anche in questo caso - senza che le Regioni siano mai state anche solo avvertite di quanto stava accadendo. A nulla vale il supposto principio di economicità, la volontà ‘sana’ di condurre su tracce migliori il bilancio italiano. Tanto è vero che all’articolo 5 dello stesso decreto, si regalano 500 milioni (contributo ordinario) a Roma, prelevandoli dai Fondi per le aree sottoutilizzate (la quota nazionale che dovrebbe cofinanziare il Fas insieme all’Ue e alle Regioni). Così come dallo stesso fondo, destinato a un preciso scopo, ovvero risollevare le sorti economiche di aree particolarmente svantaggiate del nostro paese, sono prelevati i fondi per compensare nelle case comunali il buco creato con la cancellazione dell’Ici, i fondi per non far pagare ai cittadini i ticket sulle prestazioni sanitarie. Tutto bene, peccato che venga fatto con soldi che sarebbero destinati ad altro e ad altri. Un po’ come se per pagare le bollette usassi i risparmi del mio vicino di casa».