29 marzo 2024
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Il nostro speciale sul Tff33

Tff33, guida veloce ai film per scegliere cosa vedere

La principale sezione competitiva del festival, riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera, presenta quindici film realizzati nel 2015, inediti in Italia. Come sempre incentrata sul cinema «giovane»

TORINO - La principale sezione competitiva del festival, riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera, presenta quindici film realizzati nel 2015, inediti in Italia. I paesi rappresentati sono: Argentina, Belgio, Bosnia, Brasile, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Francia, Italia, Libano, Messico, Portogallo, Siria, Stati Uniti, Svizzera. Come sempre incentrata sul cinema «giovane», la selezione dei film in concorso si rivolge alla ricerca e alla scoperta di talenti innovativi, che esprimono le migliori tendenze del cinema indipendente internazionale. Questi i film in concorso:

COLPA DI COMUNISMO di Elisabetta Sgarbi (Italia, 2015, DCP, 86’)
Ana, Elena e Micaela: tre donne rumene che vivono in Italia da tempo, lavorando come badanti. Quando le prime due perdono il lavoro, cominciano un viaggio alla ricerca di occupazione tra le Marche e il Polesine. Solidarietà, amicizie, scambi di ricordi e incroci di tradizioni tra comunità sommerse del nostro paese, agricoltori emiliani, ortodossi di Fabriano, lavoratori rumeni. Memorie di comunismi e complicità femminili nel terzo lungometraggio di Elisabetta Sgarbi, tra documentario e finzione.

COMA di Sara Fattahi (Siria/Libano, 2015, DCP, 97’)
Tre donne – nonna, madre, figlia – vivono recluse in un vecchio palazzo di Damasco. Hanno scelto di condurre un’esistenza in volontaria prigionia estraniandosi da una città in perenne stato di assedio. Mentre fuori infuria la guerra, le donne si aggirano nelle stanze come fantasmi ancora in vita, con la surreale colonna sonora di appassionate soap siriane. Opera prima di una giovane documentarista, una riflessione simbolica, quasi astratta, complessa, feroce, sul tragico destino di un paese.

COUP DE CHAUD / HEATWAVE di Raphaël Jacoulot (Francia, 2015, DCP, 102’)
Un paesino di campagna. L’estate più calda del secolo. L’acqua inizia a scarseggiare, la siccità rovina i raccolti e la tensione tra gli abitanti sale. Soprattutto nei confronti di Josef, ragazzo con qualche disturbo comportamentale, di famiglia gitana, che ha tutte le caratteristiche per diventare il capro espiatorio. Grande suspense e interpreti in stato di grazia per un film che guarda dritto dentro il cuore di tenebra di ognuno di noi.

GOD BLESS THE CHILD di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck (USA, 2015, DCP, 92’)
Cinque fratelli di età diverse comprese fra gli 1 e i 13 anni passano un giorno da soli, senza sapere se e quando la loro inaffidabile madre tornerà. La sorella maggiore si occupa dei fratellini, mentre la fantasia e il caos prendono il sopravvento. Docu-drama rigorosamente studiato, ma anche naturalissimo e selvaggio: un inno alla vita, alla purezza degli istinti, all’immaginazione e alla tenerezza. La casa e i bambini sono di uno dei due registi.

IDEALISTEN / THE IDEALIST di Christina Rosendahl (Danimarca, 2015, DCP, 114’)
Danimarca, anni ‘80: mentre indaga su un contenzioso operaio in una remota area della Groenlandia, un giornalista scopre informazioni insabbiate da vent’anni su un incidente nucleare avvenuto nel 1968 vicino alla base militare di Thule, tra i ghiacci polari. Opera seconda di una documentarista, un thriller sull’etica, la menzogna e gli ideali, costruito con intelligenza e senso del ritmo. Uso narrativo dei materiali di repertorio e uno stile teso e classico che ricorda i film americani anni ‘70. 

JOHN FROM di João Nicolau (Portogallo, 2015, DCP, 100’)
Annoiata dall’estate in città, l'esuberante quindicenne Rita decide d’invaghirsi del nuovo vicino, un fotografo che sta allestendo una mostra di suoi scatti in Melanesia. Quel che comincia come un gioco si trasforma in una cotta pazzesca che fa perdere a Rita i confini tra realtà e fantasia. Opera seconda di João Nicolau, montatore di Miguel Gomes (e si vede), una commedia spettinata e surreale, progressivamente ipnotica e d’irresistibile simpatia.

KEEPER di Guillaume Senez (Belgio/Svizzera/Francia, 2015, DCP, 95’)
A sconvolgere vite, genitori ed equilibri di una coppia di quindicenni innamorati, una gravidanza: all'inizio indesiderata, poi difesa con grande convinzione contro ogni pressione e previsione. Dal Belgio, un'opera prima spontanea e lineare nella forma, intensa e coinvolgente nel contenuto; l'altra faccia dei drammi costruiti di 16 anni e incinta di Mtv, dove la vita irrompe in tutta la sua forza fino a un finale che strappa le lacrime e il cuore.

LES LOUPS / THE WOLVES di Sophie Deraspe (Canada/Francia, 2015, DCP, 107’)
Una giovane ricercatrice canadese approda in un villaggio di pescatori del Nord dell’Atlantico, apprende il barbaro rituale della caccia alle foche e prova ad avvicinarsi alla comunità, chiusa e ostile. Non è lì per caso, ma le risposte che cerca possono arrivare solo dopo un percorso di iniziazione al luogo. Diretto dalla regista quebecchese Sophie Deraspe (Le signes vitaux, TFF 2010), un viaggio rarefatto ed ermetico alla ricerca di radici, nel quale i volti e i paesaggi sono due facce di uno stesso enigma.

MIA MADRE FA L’ATTRICE di Mario Balsamo (Italia, 2015, DCP, 78’)
Il regista e sua madre, Silvana Stefanini. Lei è stata attrice, per poco, negli anni ‘50. Lui, per amore e per dispetto, le dedica un film-ritratto che è allo stesso tempo lo specchio del loro rapporto e la rievocazione di una vecchia pellicola da lei interpretata (La barriera della legge di Piero Costa). Ironico e stralunato, tra Edipo e cinefilia, il nuovo lungometraggio di Balsamo, vincitore del Premio della Giuria al TFF30 con Noi non siamo come James Bond.

LA PATOTA / PAULINA di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia, 2015, DCP, 103’)
Brillante avvocatessa di 28 anni, figlia di un giudice progressista, Paulina lascia una vita agiata e una carriera certa per seguire un progetto umanitario in una regione remota del paese. Ma l’entusiasmo e la convinzione intellettuale non le bastano per farsi accettare. E un avvenimento traumatico mette in discussione ogni sua scelta. Ispirato a un classico argentino del 1960 (La patota di Daniel Tinayre), è il ritratto di un personaggio femminile affascinante, ruvido e ostinato.

I RACCONTI DELL’ORSO / THE BEAR TALES di Samuele Sestieri e Olmo Amato (Italia, 2015, DCP, 67’)
Una bambina sogna: un mondo magico e deserto, dove un monaco meccanico insegue uno strano omino rosso per boschi, laghi e città abbandonate; vagando, i due incontrano un orso di peluche ferito e cercano di salvarlo. Opera prima di due giovanissimi registi, un UFO finanziato col crowdfunding: il film impensabile per il cinema italiano, fantasioso e naïf, capace di unire Maurice Sendak e George Lucas, videogame e fiaba, fantasy e sperimentalismo.

LO SCAMBIO di Salvo Cuccia (Italia, 2015, DCP, 93’)
Palermo, metà anni ‘90, sparatoria al mercato: un ragazzo muore, un altro è in fin di vita. Un commissario indaga, un amico delle vittime è messo sotto torchio. Intanto, la moglie depressa del commissario è ossessionata dal rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo. Ma non tutto è come sembra... Un thriller psicologico che ribalta le certezze, liberamente ispirato a una storia vera e scritto – tra gli altri – da Alfonso Sabella, magistrato impegnato sul fronte antimafia in Sicilia ed ex assessore alla legalità del Comune di Roma.

A SIMPLE GOODBYE di Degena Yun (Cina, 2015, DCP, 100’)
Dopo anni trascorsi in Inghilterra una giovane donna torna a Pechino dove il padre sta morendo di cancro. I genitori sono tornati a vivere insieme per fronteggiare la malattia, ma mal si sopportano. A poco a poco la figlia entra in relazione con il padre, mentre l’uomo si riappropria del suo passato, delle sue radici, dei suoi sogni. Emozioni autobiografiche per l’opera seconda di Degena Yun, figlia di Saifu, il regista di The Sorrows of Broke, citato nel film.

SOPLADORA DE HOJAS di Alejandro Iglesias (Messico, 2015, DCP, 96’)
Lucas, Emilio e Ruben sono tre adolescenti goffi, amici per la pelle, riuniti per una missione "impossibile": ritrovare le chiavi che uno di loro ha perso nel parco, tra mucchi di foglie secche, prima di andare a una cerimonia funebre. Un pomeriggio tra chiacchiere e confessioni, timidezze e fantasie erotiche, battibecchi con i passanti, la dolente leggerezza della gioventù. Surreale opera prima messicana che, senza orpelli, racconta con tono scanzonato un serissimo momento di crescita.

THE WAITING ROOM di Igor Drljaca (Canada/Bosnia/Croazia, 2015, DCP, 92’)
Un attore bosniaco a Toronto, con un passato di gloria in patria e un presente sospeso, sogna di ritornare in scena e intanto fa i conti con la malattia della ex moglie, la famiglia divisa, il vuoto di senso del dopoguerra. Dramma ellittico e astratto, dallo sguardo rigorosissimo eppure umano e doloroso, con scarti di humor nero e lunghi momenti di intensa malinconia, nei quali il presente e i ricordi della Bosnia s’intrecciano senza soluzione di continuità. Opera seconda di un regista di Sarajevo emigrato in Canada.