19 aprile 2024
Aggiornato 07:00
Dopo mesi di trattative e indiscrezioni, c'è l'accordo

Mahindra compra Pininfarina, gruppo in salvo

Operazione da 150 milioni di euro: per la società aumento di capitale, nuove possibilità commerciali nel mondo e soluzione del problema del debito. La Borsa però non apprezza.

TORINO - Dopo mesi di trattative e indiscrezioni, c'è l'accordo: Pininfarina passa in mani indiane ed entra far parte della galassia Mahindra & Mahindra, colosso da 17 miliardi di dollari e 11 aziende.
Un'operazione da 150 milioni di euro in tre step. Gli indiani, tramite una newco partecipata al 40% da Mahindra & Mahindra e al 60% dalla controllata Tech Mahindra, acquisteranno tutte le azioni ordinarie Pininfarina detenute da Pincar, la holding di controllo della famiglia, per 1,10 euro per azione, per un totale di circa 25,3 milioni di euro; altri 20 milioni di euro saranno investiti in un aumento di capitale entro la fine del 2016 e infine a fronte della ristrutturazione del debito della Pininfarina con un pool di una quindicina di banche creditrici, Mahindra & Mahindra garantirà per circa 110 milioni di euro.

Guai a parlare di ennesimo marchio storico del made in Italy fagocitato da colossi esteri. «L'accordo di oggi segna un punto di svolta, ma il Dna di Pininfarina, il management, i progettisti, gli stilisti e le maestranze restano italiani, così come il quartier generale rimane a Cambiano nel torinese» ha detto come prima cosa Paolo Pininfarina, che resterà presidente del gruppo, illustrando a Torino, insieme al Ceo di Tech Mahindra, Cp Gurnani, l'accordo tra le due società.

«In un mondo globale i capitali non hanno passaporto. La testa pensante della società rimarrà in Italia, accrescendo allo stesso tempo la sua presenza nel mondo» ha aggiunto l'a.d. Silvio Angori, assicurando che l'azienda rimarrà quotata alla borsa di Milano «con in più tutte le risorse per poter competere sui mercati» senza la zavorra del debito.

«Oggi questo accordo permette di aprire un nuovo capitolo, perché dota la società dei capitali necessari ad espandersi e riequilibra la sua posizione debitoria» ha spiegato Angori.

«Tutti gli azionisti sono stati trattati bene, anche i piccoli azionisti. Gli azionisti di minoranza avranno la possibilità di vedere le loro azioni nel medio e lungo termine più valorizzate perché il debito della società si ridurrà di circa il 60% e il 40% di quello residuo sarà riscadenziato a 10 anni e garantito dagli investitori tramite una garanzia corporate», ha assicurato Angori.

«Sono convinto che anche mio nonno, mio padre che ha guidato l'azienda per 40 anni e mio fratello sarebbero con me e sarebbero orgogliosi di questa scelta» che servirà a traghettare l'azienda verso il futuro, ha spiegato Pininfarina, che non ha negato le difficoltà dell'ultimo decennio, definito senza mezzi termini «una traversata nel deserto».

«Il mondo dell'auto è complesso e in un mondo globalizzato Pininfarina ha avuto le sue difficoltà. In questi ultimi dieci anni l'azienda ha compiuto una traversata nel deserto» ha detto il presidente. Il passato glorioso di carrozziere storico delle Ferrari e delle Lancia, corteggiato da case automobilistiche di mezzo mondo, inizia ad appannarsi negli anni 2000: l'impero dei Pininfarina, che negli anni 90 si lanciano nella produzione automobilistica, con tre stabilimenti nel torinese, dovrà fare i conti con un indebitamento crescente e con la scomparsa prematura in un incidente stradale di Andrea Pininfarina.

L'attività manifatturiera viene via dismessa e l'azienda si riconcentra sul proprio core business: il design, ma non più solo nel settore dell'auto.

Una caratteristica questa che verrà mantenuta nel nuovo piano industriale approvato dal cda. Nel futuro di Pininfarina non c'è solo l'automotive , ma anche l'aerospaziale, l'architettura e i beni di consumo.

«Insieme i due gruppi possono fornire i migliori servizi ai 150 clienti di Pininfarina e agli 800 di Mahindra», ha spiegato Cp Gurnani, ceo di Tech Mahindra. Una nuova strada quella tracciata dagli indiani che non prevede ulteriori sforbiciate ai posti di lavoro, dopo il recente accordo raggiunto con i sindacati. «Gli attuali occupati restano. La migliore garanzia per l'occupazione è la capacità finanziaria di cui la società si è dotata con questo accordo. Il piano industriale approvato prevede crescita e il futuro è quello di accrescere la prima riga del conto economico» ha assicurato Angori.