29 marzo 2024
Aggiornato 13:00
San Giovanni

Il Farò di San Giovanni, anno fortunato o nefasto? La storia di una tradizione popolare

La tradizione, tra le più amate dai cittadini, porta ogni anno centinaia di torinesi in piazza Castello. Anno propizio o sfortunato? Lo decide il braciere

TORINO - Sarà un anno fortunato o sfortunato? Lo scopriremo questa sera, durante la tradizione del Farò di San Giovanni.

Il Farò, tradizione del 23 giugno
Questa sera, come tutti i 23 giugno di ogni anno, centinaia di cittadini torinesi si ritroveranno in piazza Castello, proprio davanti a Palazzo Madama, per assistere alla tradizionale accensione del Farò di San Giovanni. Il rituale, secondo le credenze popolari, decreterà l’anno buono o sfortunato per la città di Torino. Come si svolge questa cerimonia tanto amata? E quali sono le sue origini?

La storia del Farò
Il 23 giugno è da sempre il fulcro della festa di San Giovanni, patrono di Torino. Vi abbiamo già raccontato la sua storia, del perché si celebra il 24 giugno, oggi ci concentreremo sul Farò (espressione piemontese di «falò»). In epoca medievale, i festeggiamenti duravano due giorni interi ed erano mirati a coinvolgere non solo la città, ma anche le campagne e le zone limitrofe. La sera del 23 era contraddistinta da processioni, canti, balli, bevute e, ovviamente, dal Farò. Il fuoco doveva essere incendiato dal primo cittadino, mentre i carboni e le ceneri che rimanevano venivano donate agli spazzacamini della vicina chiesa di San Lorenzo. 

Se il toro cade verso Porta Nuova anno propizio
Il fuoco, in passato, aveva una valenza di purificazione. Al centro del Farò, creato grazie all'utilizzo di circa 5 tonnellate di legna, veniva posta la sagoma di un toro, simbolo di Torino: a seconda di dove sarebbe poi caduta la sagoma, la città avrebbe avuto un anno fortunato o sfortunato. La tradizione secolare vuole che se il toro cade in direzione di via Roma, verso Porta Nuova, si avrà un anno positivo. In caso di caduta della sagoma verso la parte opposta…bhe, le conseguenze sono ovvie: l’anno sarà duro e infausto per i cittadini torinesi. I primi documenti che ne certificano la realizzazione sono redatti dai decurioni e risalgono addirittura alla celebrazione del santo (prime menzioni nel 602).