24 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Escape Academy

Le escape room spopolano a Torino, abbiamo provato l’Escape Academy. Ne sarà valsa la pena?

Abbiamo deciso di provare come redazione di Diario di Torino una delle escape room presenti in città. Abbiamo prenotato in via Beaumont 2 dove è presente l’Escape Academy, molto quotata tra gli amanti del genere e tra gli internauti. Come sarà andata?

TORINO - Ebbene sì, alla fine ci siamo fatti tentare anche noi della redazione di Diario di Torino e abbiamo voluto provare una delle «escape room» presenti a Torino. Lo abbiamo fatto per fare team building, per affiatarci ancora di più tra colleghi, divertendoci e mettendoci alla prova in modo diverso e sfruttando una delle nuove alternative di svago che stanno prendendo sempre più piede in città. A Torino ce ne sono tante di queste «stanze da cui scappare», di questi giochi reali in cui banalmente si viene rinchiusi in una stanza realizzata a regola d’arte con scenografie degne di un set cinematografico, e risolvendo enigmi, trovando soluzioni e ingegnandosi - facendo gioco di squadra - si riesce ad aprire la porta finale e tornare al mondo reale.

Accoglienza, poi dritti nell'escape room
Armati di curiosità (perché non sapevamo bene cosa ci sarebbe toccato) abbiamo prenotato l’escape room di via Beaumont 2. «Escape Academy» - questo il nome - è nata da un annetto e mezzo, è comoda da raggiungere ed è molto quotata da chi l’ha già provata e dagli amanti del genere. Suoniamo il campanello, ci aprono e da subito il batticuore inizia a farsi sentire: l’ambiente rosso non è scelto a caso ma, prima di chiuderci dentro la stanza, l’esperto Christian in accoglienza ci tranquillizza e ci spiega le regole del gioco e ci dice che ci guarderà dalle telecamere per tutto il tempo dandoci una mano, se servirà, attraverso i monitor installati in ogni stanza. Poi ci augura in bocca al lupo e chiude la porta rossa dietro di noi.

Dentro la stanza «misteriosa» nella corsa contro il tempo
Delle due stanze presenti all’Escape Academy di via Beaumont abbiamo scelto la «Mistery room», quella che - da didascalia - trasporta in un’altra epoca in cui si diventa protagonisti di un giallo di Sherlock Holmes. Interessante. Molto. Siamo accompagnati da una musica di sottofondo che rende ancora meglio l’atmosfera del gioco. Ecco, il gioco. Notiamo subito diversi lucchetti, alcuni sono vecchi e si vede, altri elettronici e con combinazioni diverse. Dobbiamo senza dubbio trovare le combinazioni. Ma come? Risolvendo enigmi e trovando indizi nella scenografia che notiamo essere curata nei minimi dettagli con arredi coerenti all’epoca. Niente male, ma mentre ci ambientiamo ecco che dallo schermo in alto parte il countdown: abbiamo un’ora per riuscire a uscire.


Con il gioco di squadra nulla è impossibile
Di certo non vi sveleremo come risolvere la stanza in questo articolo anche perché, per dovere di cronaca (diciamo così per non dire che lo abbiamo fatto per la nostra immensa curiosità), ci siamo fatti dire la soluzione quando sul timer è scattato lo «zero». In quel momento noi eravamo persi nel trovare la chiave che avrebbe aperto una vetrinetta e che di sicuro ci avrebbe condotto a trovare un importante indizio. Quello che però possiamo dire è che i giochi studiati sono veramente vari: abbiamo dovuto persino suonare Beethoven al pianoforte, fare ricerche al buio e scandagliare il mappamondo neanche fossimo dei novelli Amerigo Vespucci. Tutto per trovare la via di uscita che, come avrete capito, noi non siamo riusciti a trovare anche se non ci mancava tantissimo.

Merita o non merita l’escape room?
Se a Torino ce ne sono diverse e se attirano tantissime persone un motivo c’è di certo. Le escape room sono uno svago intelligente e che coinvolge a 360 gradi portando in un mondo diverso da quello reale per un’oretta. In tanti si cimentano, da gruppi di amici, a colleghi e, ci dicono, vengono fatti anche tanti addii al nubilato e al celibato. Noi abbiamo provato una delle due stanze dell’Escape Academy di via Beaumont e siamo rimasti particolarmente colpiti. Inoltre, nonostante facessimo domande a ripetizione (d’altronde siamo cronisti) nessuno ci ha messo fretta: tra un gruppo e l’altro, ci è stato spiegato, c’è uno scarto di tempo tale da non dover fare nulla alla veloce. Anche se non abbiamo concluso in tempo il gioco - cosa che riesce a fare il 10-15% dei gruppi partecipanti - ci hanno dato il diploma e fatto la foto di rito. Poi abbiamo chiesto informazioni sulla seconda stanza che, a dirla tutta, non vediamo l’ora di provare. Infine siamo usciti chiudendo dietro di noi la porta, questa volta senza che (purtroppo) si attivasse il timer.

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