19 aprile 2024
Aggiornato 11:00
'Ndrangheta in Piemonte

Esposito, l’imprenditore che denunciò la ’Ndrangheta: «La mia vita rovinata, al Comune chiedo...»

Minacce, estorsioni e tanta paura. Poi un calvario fatto di tasse e pignoramenti. Esposito, imprenditore torinese che ha denunciato la 'ndrangheta in Piemonte, racconta: «L'Agenzia delle Entrate mi ha detto che l'estorsione non è un buon motivo per non pagare...»

TORINO - E’ un fiume in piena Mauro Esposito. La ‘ndrangheta ha provato a «portargli via tutto»: la salute, la tranquillità, la ditta. La sua vita personale e professionale è stata stravolta da un’organizzazione criminale spietata, disposta a tutto per preservare i propri affari economici. L’architetto e imprenditore di Caselle torinese non si è mai arreso, ha denunciato tutto, ha sofferto e oggi, con forza, può raccontare ai consiglieri comunali la sua esperienza. «Sono stato lasciato solo, mi sono sentito abbandonato dalle istituzioni, non deve più accadere. Vi suggerisco come supportare i cittadini onesti, vittime delle mafie…».

Estorsione e minacce, Esposito denuncia
Per spiegare il perché Mauro Esposito è stato ricevuto negli scorsi giorni dalla Commissione Legalità del Comune di Torino bisogna fare un passo indietro. Esposito ha 51 anni, è il titolare di una società di ingegneria, è sposato, ha dei figli ma soprattutto è testimone al processo «San Michele» sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nei cantieri edili in Val di Susa. Nel 2009 viene chiamato per dirigere un lavoro di progettazione di un complesso residenziale e commerciale a Rivoli. La ditta che si occupa della costruzione fa capo a Nicola Mirante, arrestato anni dopo nell’operazione Minotauro. Quello che apparentemente sembra essere un cantiere normale, si trasforma presto in un vero e proprio incubo: costi gonfiati di diversi milioni di euro, minacce velate, mancati pagamenti, minacce esplicite. Impossibile andare avanti così. Esposito si fa coraggio e denuncia. Alcune persone gli si parano davanti offrendogli 200.000 euro per ritirare la denuncia, ma lui rifiuta: è una questione d’onore, di legalità. La situazione si fa sempre più tesa, finché dopo un lungo periodo di indagini e intercettazioni non interviene la Dia e sgomina la ‘ndrina operante in Piemonte. 

Criminali in galera, ma un paradosso della legge "affossa" l'imprenditore onesto
Gli arresti non fermano il calvario di Mauro Esposito, anzi. Se è vero che gli ‘ndranghetisti che l’avevano minacciato si trovano in galera, l’imprenditore si trova a «combattere» con i paradossi della legge italiana. Sì, perché se il processo penale condanna i suoi estorsioni, quello civile gli fa perdere la causa contro Mirante. La colpa? una legge del 1939, abrogata nel 1997. Da quel momento inizia un susseguirsi di tasse, more da pagare, interessi altissimi (30/40%), bilanci falliti e pignoramento della ditta e dei beni. Sessanta dipendenti vengono lasciati a casa, altri trenta accettano di passare part-time per il bene dell’azienda e del loro titolare, messo alle strette dagli oneri da pagare. Quando Esposito si presenta da Inercassa riceve una risposta in grado di far gelare il sangue nelle vene a chiunque: «L’estorsione non è forza di causa maggiore e un buon motivo per non pagare le tasse». Oggi la situazione è migliorata, la Procura della Repubblica gli ha sospeso le tasse e tra un processo e l’altro, Esposito sta provando con grande determinazione a riprendersi la propria vita.

Esposito: "Il Comune dia vita a uno sportello antimafia"
Davanti ai consiglieri comunali, Esposito racconta: «La mia famiglia è stata splendida, senza loro avrei perso la vita. Mi sono sentito sedotto e abbandonato dalle istituzioni. Ringrazio l’associazione Libera che ha fatto tutto quello che era nelle sue possibilità per aiutarmi. Mi è mancato un «luogo» in cui far convergere i problemi e le istanze. Tra Procura, Carabinieri, Agenzia delle Entrate, Processo San Michele, banche, Agenzia Regionale e Provinciale mi sono sentito sballottato ed era difficile convincerli della mia buona fede». L’idea che Esposito propone è quella di uno sportello antimafia comunale, capace di essere un punto di riferimento per il cittadino. Anzi, per il cittadino onesto. Sì, perché secondo Esposito l’ente comunale dovrebbe farsi carico di chi ha avuto il coraggio di denunciare: «Diventa un incentivo a denunciare. La denuncia è un dato oggettivo ed inconfutabile, il resto rischia di entrare in una zona grigia». L’idea è subito piaciuta al presidente del consiglio Comunale Versaci che, insieme alla consigliera Paoli e alla presidentessa della commissione Tevere ha promesso: «Farò di tutto per farmi carico della sua situazione. Le istituzioni non devono lasciare soli i cittadini». Esposito saluta il Consiglio comunale con un sorriso: la paura piano piano lascia spazio alla fiducia e alla speranza. Che la sua storia possa smuovere le acque, nel nome dell’onestà e della legalità. Per una società che rifiuta e condanna le organizzazioni mafiose, stando vicino ai propri cittadini.