19 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Beni culturali

Castello di Saffarone: tra odori e fumi, il monumento rischia di trasformarsi in discarica

Attualmente, nonostante vi siano alcuni appartamenti in vendita e da ristrutturare, il castello è invaso da cattivi odori e vapori molesti, prodotti da una ditta che produce compost da sfalci

TORINO - Può sembrare strano, ma un monumento nazionale torinese rischia di trasformarsi in una discarica a cielo aperto. Parliamo del Castello di Saffarone, una bellezza riconosciuta da tutti ma che, negli ultimi anni, è ormai letteralmente invaso dai cattivi odori e dai fumi molesti. Il motivo? La pertinenza con la ditta Italconcimi s.r.l.: un’azienda che, come facile intuire dal nome, si occupa della produzione di compost da sfasci, remaglie varie, torba e terriccio. 

Inquilini costretti a convivere con cattivi odori
Quello che Silvio Magliano, capogruppo dei Moderati, fa notare è il rischio che la situazione che si protrae ormai da diversi anni possa degenerare. Nel Castello di Saffarone, che si trova al fondo di corso Regina, sono attualmente in vendita alcuni appartamenti, ovviamente da ristrutturare. Il problema è che i futuri inquilini e tutti coloro che hanno a cuore il futuro di un monumento storico torinese, sono costretti ad avere a che fare con fumi e odori sgradevoli. Nel 2012 i vigili rilevarono un’emissione di vapori molesti, proprio prodotta dall’attività di compostaggio. 

Magliano-Giannuzzi, botta e risposta
Magliano chiede a gran voce un sopralluogo: «Verifichiamo l’esatto rispetto delle procedure e che queste misure non stiano provocando danni al suolo». Per quanto riguarda la gestione del Castello, la competenza non è del Comune ma della Città Metropolitana. L’assessore Giannuzzi spiega: «Gli odori che spesso si sprigionano sono causati dal fatto che, per produrre la fermentazione aerobica necessaria, è necessario rivoltare periodicamente le masse. La ditta risulta correttamente in possesso delle due autorizzazioni necessarie. La direzione di Acque Piemonte Nord Ovest conferma che non manca neppure l’autorizzazione a stoccare materiale all’esterno. Diversi sono stati i controlli dell’Arpa, in seguito a segnalazioni di cittadini residenti in zona. Una sola volta è stato necessario procedere a sequestro di materiale. L’Arpa continuerà i suoi controlli. La Città è solo marginalmente coinvolta». Si tratta evidentemente di un caso al limite, come denota il sequestro dell’impianto nel 2009. La speranza è che a rimetterci non sia un patrimonio culturale della città.